Violazione del patto parasociale per la nomina dell'AD: quando scatta il risarcimento?

Estremi della pretesa risarcitoria per la mancata nomina alla carica di amministratore delegato in violazione dell’accordo concluso fra i soci.

Violazione del patto parasociale per la nomina dell'AD: quando scatta il risarcimento? Una recente vicenda giudiziaria ha visto coinvolti dei soci che si erano reciprocamente impegnati a designare alla carica di amministratore delegato nelle successive assemblee un determinato soggetto e avevano preconcordato, anche col benestare del medesimo, un certo compenso e trattamento economico complessivo. A seguito della mancata nomina alla carica, il terzo ha proposto una richiesta di risarcimento del danno per la violazione del patto parasociale.

 

La Corte di Cassazione, chiamata ad esprimersi sul caso dai soci, che lamentavano la natura non vincolante dell’accordo nei confronti del terzo, ha ribadito che il patto parasociale (Cass. 23 novembre 2021 n. 36092):

- ha efficacia obbligatoria solo verso i contraenti, ossia i soci;

- si può qualificare quale contratto a favore di terzo che vincola i soci anche nei confronti di tale terzo solo se dall'accordo risulti chiaramente che gli stessi soci intendono attribuirgli il diritto ad esigere quella determinata prestazione a loro carico e non semplicemente dettare regole comportamentali destinate a valere esclusivamente tra di loro.

 

Il terzo, quindi, può vantare una pretesa risarcitoria, se sussistano tutti gli elementi costitutivi, solo quando sia stato inserito nell'accordo contrattuale fra i soci un ulteriore contenuto negoziale specifico, costituito dalla inequivoca volontà di attribuzione diretta al terzo di un diritto soggettivo perfetto, nella fattispecie relativo alla manifestazione di voto in suo favore nell'assemblea deputata alla nomina nella carica, diritto fondato sullo stesso patto tra i soci e da essi voluto come non revocabile dopo la dichiarazione del terzo di volerne profittare.

 

In nessun caso, quindi, può meramente presumersi la volontà di attribuzione immediata del diritto allo stesso amministratore designato. La Corte ha, inoltre, enunciato il principio per cui il patto di sindacato con il quale i soci abbiano stabilito la rielezione di un soggetto alla carica di amministratore per due successivi trienni non è nullo; tale accordo, infatti, ha solo effetti organizzativi del voto meramente interni ed obbligatori e non pone in discussione il corretto funzionamento dell'organo assembleare.

 

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