Reati tributario, punito anche il solo tentativo

A seguito del recepimento in Italia di una Direttiva emanata dall’UE – la cosiddetta direttiva PIF – sono state previste una serie di condizioni per cui alcuni reati tributari possono essere perseguiti a titolo di tentativo.

La punibilità del tentativo nei reati tributari

Prima del 2020 i reati in materia di dichiarazione dei redditi non erano punibili a titolo di tentativo. La svolta è avvenuta quando il delitto tentato è stato esteso anche alle fattispecie dichiarative, con la limitazione che gli atti diretti a commettere i reati di dichiarazione fraudolenta ed infedele siano compiuti anche in territorio estero ai fini di evadere l'IVA, per un valore complessivo non inferiore a € 10 milioni. Di conseguenza, se prima della presentazione della dichiarazione si ometta la contabilizzazione di ricavi con IVA evasa inferiore a € 10 milioni, o siano contabilizzate fatture false, sempre con evasione corrispondente al medesimo importo, il tentativo rimane non punibile.

Grazie all’ultimo intervento legislativo:

• la clausola di riserva di esclusione “fuori dai casi di concorso nel delitto” non è prevista per il delitto di dichiarazione infedele, mentre i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici restano punibili a titolo di tentativo solo nel caso in cui non vi sia concorso nel delitto di emissione di fatture inesistenti.
• ulteriore differenza rispetto a prima è la specificazione del requisito della transnazionalità. Le nuove regole, infatti, specificano che la condotta posta in essere al fine di evadere l'IVA nell'ambito di sistemi fraudolenti transfrontalieri è punita a titolo di tentativo purché connessa al territorio di almeno un altro Stato membro.