Quando la condotta colposa del lavoratore può essere ritenuta abnorme?
Secondo la Cassazione per parlare di condotta abnorme è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto sul quale ricade la relativa gestione.

La Corte di Cassazione è intervenuta in materia di condotta abnorme del lavoratore con la sentenza n. 23127 del 14 giugno 2022.
I fatti di causa
Nella vicenda giudiziaria, il datore di lavoro era stato condannato per le lesioni personali colpose gravi subite da un proprio dipendente. Quest'ultimo, per raggiungere una parte dell'officina, aveva infatti deciso di passare al di sotto di un tornio in movimento al quale gli si sono impigliati i capelli e dal quale, in ragione dell'assenza dei necessari dispositivi di protezione, sporgeva un tubo in lavorazione al punto tale da ostruire il regolare passaggio.
Per i giudici, l'addebito colposo mosso al datore di lavoro derivava dal mancato aggiornamento del DVR nonché dalla mancata integrazione dello stesso in ragione delle esigenze produttive e dei rischi connessi, in quanto carente nelle indicazioni delle misure di prevenzione e protezione sul rischio meccanico. Inoltre, l'addebito risulta fondato per non aver tenuto i luoghi di lavoro con caratteristiche di pulizia e igiene necessarie a garantire condizioni idonee di permanenza dei lavoratori, risultando tutta la pavimentazione ingombrata da materiali tanto da non consentire un agevole passaggio.
La Corte di Appello di Milano, a seguito dell'intervenuta prescrizione, ha riformato la sentenza di primo grado. Data l'intervenuta prescrizione del reato, il datore di lavoro proponeva ricorso per Cassazione.
La decisione della Cassazione
Per il datore di lavoro la condotta del lavoratore sarebbe stata "abnorme e imprevedibile". Ciò in quanto il lavoratore, pur avendo a disposizione un altro comodo e vicino passaggio (un corridoio distante pochi metri), avrebbe deciso autonomamente di raggiungere l'altro luogo dell'officina passando al di sotto del tornio in movimento.
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso del datore di lavoro infondato e non meritevole di essere accolto.
Secondo i giudici, per consolidato orientamento, il datore di lavoro destinatario delle norme antinfortunistiche è esonerato da responsabilità quando il comportamento del lavoratore, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie “sia abnorme”, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
In particolare, la condotta del lavoratore, anche a prescindere dall'accertata situazione di gravissima illegalità per la violazione di una molteplicità di disposizioni inerenti alla prevenzione degli infortuni e alla sicurezza dei luoghi di lavoro, non può dirsi “abnorme” in quanto volta al raggiungimento della propria postazione lavorativa tramite l'attraversamento a ciò deputato.
In definitiva, la Cassazione, pur riconoscendo che la condotta del lavoratore sia stata imprudente visto il suo tentativo di raggiungere la propria postazione lavorativa nonostante la grave situazione di pericolo presente che avrebbe dovuto farlo astenere dal continuare nella propria condotta pericolosa, a causa della situazione innanzi descritta, si rivolge al datore di lavoro affermando che, nonostante ciò, tale comportamento non può certo essere ritenuto né eccezionale, né abnorme, né tantomeno esorbitante dalle proprie mansioni, ragion per cui le statuizioni civili sono state confermate riconoscendo la responsabilità del datore di lavoro.