Parità di genere: i parametri minimi per ottenere la certificazione

Le imprese possono chiedere di ottenere la certificazione di parità di genere per accedere a finanziamenti e ad una miglior reputazione. Ottenere l'attestato impone un'attenzione particolare

Se fino a qualche anno fa il mondo produttivo faceva dell'omogeneità un “marchio” di fabbrica, oggi è il termine “diversity” il vero protagonista all'interno dei luoghi di lavoro.

Secondo il Diversity Brand Index 2022 i ricavi delle imprese "inclusive" sono più alti del 23%. Il risultato è positivo per tutti: da un lato, il benessere dei lavoratori, un maggior commitment, una più elevata motivazione personale; dall'altro, employer branding, incremento della produttività, aumento del tasso di innovazione, soddisfazione e fidelizzazione dei clienti.

I vantaggi della certificazione della parità

Lo scorso 1° luglio sono stati fissati i criteri minimi per ottenere la certificazione della parità di genere. La certificazione è, dunque, operativa: le imprese possono chiederla agli organismi di valutazione accreditati ed ottenere così l'attestato sul possesso di parametri minimi di equità uomo-donna in azienda.

Tre i vantaggi immediati:

  • certificazione sulla parità di genere con evidenti benefici in termini reputazionali;
  • accesso a decontribuzione entro determinati tetti;
  • premialità in caso di partecipazione agli appalti del PNRR e accesso ai finanziamenti europei senza incorrere nel rischio di violare la normativa sulla concorrenza in caso di aiuti di Stato.

Gli indicatori di inclusione per ottenere la certificazione

I criteri sono quelli contenuti nelle Linee Guida sul Sistema di Gestione per la Parità di Genere, varate dal Dipartimento delle Parti Opportunità della Presidenza del Consiglio, il 16 marzo 2022, che prevedono l'adozione di specifici KPI (Key Performance Indicator – indicatori chiave di prestazione).

Sei le aree su cui valutare i Key Perfomance Indicators, con quattro cluster di aziende, di cui il quarto costituito dalle aziende "grandi" dotate, cioè, di un organico pari o superiore a 250 dipendenti. Ogni area è contraddistinta da un peso percentuale (fatto 100 il totale del peso delle differenti Aree) che rileva per la misurazione: le aziende ottengono la certificazione al raggiungimento del 60%. Gli specifici KPI consento di misurare, per ciascuna area, il grado di “inclusion” dell'azienda.

La verifica del rispetto dei parametri

Il monitoraggio degli indicatori da parte delle imprese che ottengono la certificazione deve essere costante, così come periodica deve essere la verifica del rispetto dei parametri minimi.

In definitiva, si tratta di una straordinaria occasione di upgrade delle aziende del Paese in grado di tracciare un nuovo corso per il diritto del lavoro. Non più conflitto tra imprese, lavoratori e sindacati, ma alleanza tra essi e spirito inclusivo.

I benefici non tarderanno ad arrivare. Del resto, come ripeteva Bernardez: “ciò che l'albero ha di fiorito vive di ciò che tiene sepolto”.

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