La mobilità internazionale necessita di welfare
Il work-life balance trova, quindi, spazio anche in una dimensione internazionale: tale dimensione fa crescere le necessità di assistenza.

Il rapporto di lavoro con personale impiegato all'estero, o viceversa con quello estero impiegato in Italia, presenta note criticità, sia gestionali sia in termini di adempimenti, che le imprese e il lavoratore devono affrontare. L'internazionalizzazione del lavoro, non solo dipendente, ma anche degli autonomi, amministratori di società, liberi professionisti, imprenditori e per certi versi degli investitori è un fenomeno in costante crescita, visto di buon occhio dalle giurisdizioni. In molti Paesi, infatti, vigono specifici regimi che prevedono incentivi fiscali per attrarre lavoratori dall'estero, un esempio per quanto riguarda l'Italia è il regime degli impatriati o quello del rientro dei cervelli, ma schemi simili sono presenti in altri Stati.
La mobilità internazionale delle persone – in vario modo incentivata e promossa dalle giurisdizioni – rappresenta un'esigenza talmente rilevante che negli anni non ha arrestato la sua crescita e neanche la pandemia è riuscita a fermare, anzi, ha contribuito alla nascita o allo sviluppo di nuove forme di mobilità quali quella di breve periodo, il distacco parziale, l'assunzione di cariche sociali per società estere ricoperte anche a distanza, il “nomadismo digitale”, il pendolarismo internazionale, l'anywhere job. Le richiamate modalità di impiego delle persone possono dare risposta a specifiche esigenze organizzative, essere lo strumento per attirare lavoratori o per mantenerli in azienda, nonché contribuire allo sviluppo di una mobilità internazionale sostenibile e in grado di meglio bilanciare vita privata e lavoro.
Il work-life balance trova, quindi, spazio anche in una dimensione internazionale, anzi tale dimensione fa crescere le necessità di assistenza la cui risposta, attraverso servizi mirati messi a disposizione del datore di lavoro, aumenta notevolmente il valore percepito del compenso e può essere determinante per il trasferimento all'estero di lavoratori.
Il lavoratore spesso ha remore nel trasferirsi in un altro Stato in considerazione dei relativi impatti personali, quali per esempio l'inserimento sociale proprio e della famiglia, specie se con componenti in età scolare, ma anche il livello di tassazione sui beni e redditi personali facenti parte del patrimonio del singolo è un aspetto che sta acquistando una certa importanza nelle discussioni tra lavoratore e datore di lavoro in fase di negoziazione di una posizione all'estero.
I datori di lavoro per rimuovere le richiamate barriere al trasferimento possono garantire, attraverso apposite policy, una serie di servizi di welfare aziendale per il personale in mobilità internazionale. Il welfare aziendale per la persona trasferita all'estero (transferred employees), pertanto, rappresenta un utile strumento volto a favorire la mobilità, tra l'altro incentivato da un trattamento fiscale di particolare favore, ossia l'esenzione da imposizione in capo al lavoratore in presenza di determinate condizioni.