Il riconoscimento dei diritti del rider
Il Tribunale di Torino ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto di lavoro tra rider e la piattaforma digitale

Una nuova pronuncia del tribunale riapre il dibattito giurisprudenziale sul tema dei cosiddetti riders. Il 15 novembre il Tribunale di Torino ha riconosciuto la natura subordinata della prestazione lavorativa di un rider che aveva fatto causa contro una Srl. Secondo il giudice, tutto l'orario dalla timbratura on line all'effettiva conclusione degli slot lavorativi costituisce tempo lavoro e ha condannato la Società a pagare al lavoratore le differenze retributive tra l'applicazione del contratto di collaborazione autonoma occasionale e la corretta applicazione del contratto subordinato per le giornate di lavoro effettuate in questo arco temporale, oltre alle spese di causa.
Il Tribunale ha infatti accertato che “tra le parti si è instaurato a partire dall'8 maggio 2019 e sino quanto meno al deposito del ricorso, un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con il diritto del ricorrente all'inquadramento nel VI livello del CCNL terziario, distribuzione e servizi”. La decisione non costituisce una novità assoluta, già lo scorso marzo il giudice di Milano, sezione lavoro, con la sentenza 1018 del 2022, era giunto alle medesime conclusioni. Anche in Europa i giudici tendono a riconoscere la natura subordinata dei rapporti di lavoro dei collaboratori da piattaforma, in Inghilterra, infatti, già dal 2020 le Corti hanno riconosciuto la natura di lavoratori subordinati ai driver di Uber.
La digitalizzazione del lavoro sta plasmando l'economia dell'UE e i suoi mercati del lavoro. Le piattaforme digitali occupano una grande parte del nuovo mercato digitale del lavoro e il suo sviluppo è destinato ad incrementare. Secondo le stime, infatti, le entrate del settore nell'UE sono cresciute del 500% circa negli ultimi cinque anni e secondo lo Study to support the impact assessment of an EU initiative on improving working conditions in platform work nel 2021 oltre 28 milioni di persone nell'UE lavorano mediante piattaforme di lavoro digitali.