È mobbing il trasferimento della dipendente in un luogo inidoneo

Il mobbing si configura anche per atti di per sé leciti. Sussiste il nesso tra i comportamenti messi in atto dalla parte datoriale ed il danno all'integrità psicofisica della lavoratrice.

È mobbing il trasferimento della dipendente in un luogo inidoneo

La condotta del datore di lavoro nei confronti del dipendente si configura come mobbing anche se posta in essere con atti di per sé leciti.

Nel caso di specie la dipendente comunale:

- ha subito lo spostamento in una stanza inidonea (carenze logistiche, fascicoli poggiati sul pavimento per mancanza di scaffali) al piano terreno destinata alle relazioni con il pubblico, giustificato col preteso recupero di una stanza per gli assessori poi assegnata ad altra collega. La donna continuava comunque a conservare la titolarità del suo ufficio;

- è stata incaricata di svolgere compiti estranei alle responsabilità proprie delle sue mansioni;

- non è stata confermata nella posizione organizzativa dell'area amministrativa, affidata ad altro collega in passato valutato come poco adatto alla posizione organizzativa e di coordinamento, e poi dopo il pensionamento di quest'ultimo affidata ad altri;

- è stata sottoposta a un'azione disciplinare poi conclusasi con archiviazione.

L'insieme di tali condotte, di per sé lecite, sono quindi considerate come parti di un disegno persecutorio piuttosto evidente.

Legittimo era il trasferimento in altra stanza, ma rimaneva anche provata l'intenzione di svantaggiare la donna. Sussiste dunque il nesso tra i comportamenti messi in atto dal Comune e il danno all'integrità psicofisica della lavoratrice; rigettato invece l'appello della dipendente in relazione al danno morale (e quindi un risarcimento maggiore).

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