Credito fallimentare: possibile accertarlo con eccezione riconvenzionale

In caso di fallimento, l'unico strumento processuale per ottenere l'accertamento del diritto di credito nei confronti del fallito è il giudizio di verificazione proposto in sede fallimentare. Tale forma processuale esclude ogni altra possibile forma di accertamento giudiziale del diritto di credito vantato verso il fallito, con la conseguenza che la domanda di accertamento proposta nel giudizio ordinario, tanto in via principale quanto in via riconvenzionale, deve essere considerata:

- improcedibile: in caso di giudizio proseguito nei confronti del curatore a seguito di riassunzione del processo ordinario interrotto dal fallimento;

- inammissibile: in caso di domanda proposta direttamente contro il curatore per ottenere la dichiarazione della sua condanna al pagamento.

In entrambi i casi, l'improcedibilità o l'inammissibilità dev'essere dichiarata d'ufficio in ogni grado e stato del giudizio.

Secondo la Corte di Cassazione, però, tali conclusioni non si applicano al terzo convenuto nel giudizio proposto o proseguito nei confronti del curatore fallimentare quando ha dedotto fatti costituenti eccezioni estintive, modificative o impeditive del diritto di credito del fallito.

È quanto affermato dalla Cassazione in un giudizio in cui il terzo si era limitato ad invocare il fatto costitutivo del diritto di credito come eccezione riconvenzionale, al fine di ottenere la dichiarazione di compensazione del proprio credito vantato nei confronti del fallito. Il terzo chiedeva quindi l'accertamento del dritto di credito non per partecipare al concorso e ai riparti, bensì per contrastare la pretesa creditoria del curatore, con la conseguenza che l'eccezione proposta è da considerarsi ammissibile (Cass. 25 marzo 2022 n. 9787).