Amministratore di fatto di una società fallita: come quantificare il danno per cattiva gestione?

Secondo i giudici di Cassazione il danno risarcibile può essere pari alla differenza tra attivo e passivo fallimentare.

Amministratore di fatto di una società fallita: come quantificare il danno per cattiva gestione?

L'amministratore di fatto di una s.r.l. dichiarata fallita può essere condannato al risarcimento del danno per atti di mala gestio e, per quantificare il danno, può essere utilizzato il criterio consistente nella differenza tra attivo e passivo fallimentare.

È quanto avvenuto in una recente causa decisa dalla Corte di Cassazione. I giudici, confermando la sentenza di appello, hanno ritenuto il criterio di quantificazione del danno coerente con la pronuncia delle Sezioni Unite secondo cui la determinazione e liquidazione del danno nella misura pari alla differenza tra il passivo e l'attivo fallimentare può essere utilizzato solo quando la liquidazione avviene in maniera equitativa e con sufficiente materiale probatorio che dimostri il nesso di causalità tra i fatti dolosi o colposi e il danno.

Elementi riscontrati nel caso specifico: i giudici hanno ravvisato in capo all'amministratrice di fatto una pluralità di gravi condotte omissive e la conseguente situazione di abbandono gestionale e di inadempimento di ogni norma di corretta amministrazione, fra cui il mancato invio delle dichiarazioni fiscali della società amministrata, con accertamento circa la corrispondenza integrale tra il riscontrato deficit patrimoniale della società e le conseguenze delle violazioni generalizzate degli obblighi gestori degli amministratori.

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